La teoria della computabilità

La teoria della computabilità è un ramo dell'informatica teorica e della logica matematica che studia i limiti della calcolabilità, ovvero quali problemi possono essere effettivamente risolti utilizzando procedure meccaniche o algoritmi, e quali rimangono al di fuori delle capacità di qualsiasi algoritmo.

In generale un problema si dice:

  • Problema calcolabile (o ricorsivamente enumerabile)
    se esiste un algoritmo che termina dopo un numero finito di passaggi con una risposta corretta (sì o no) per ogni possibile input.
  • Problema indecidibile
    se un problema non è decidibile ovvero non esiste un algoritmo in grado di fornire una risposta per ogni input entro un numero finito di passaggi.

La teoria della computabilità ha avuto impatti profondi non solo nella teoria informatica, ma anche in campi come la filosofia, la logica, la matematica, l'intelligenza artificiale e la crittografia.

La teoria della computabilità anche nota come "teoria della calcolabilità". E' essenzialmente lo stesso campo di studio. Entrambi i termini si riferiscono alle capacità e ai limiti degli algoritmi e dei calcolatori di risolvere problemi e eseguire calcoli. Sebbene "teoria della computabilità" sia più comune nel contesto della teoria dell'informazione e dell'informatica, mentre "calcolabilità" viene talvolta usata in un contesto più ampio che include anche considerazioni filosofiche e logiche.

In generale i limiti della computabilità aiutano a comprendere quali problemi sono complessi e quali, invece, sono praticabili.

La storia e le origini

Il concetto di computabilità venne formalizzato nei primi decenni del XX secolo, principalmente attraverso i lavori di alcuni dei più grandi matematici del XX secolo come Kurt Gödel, Alonzo Church e Alan Turing.

Nel 1931 Kurt Gödel pubblicò i suoi famosi teoremi di incompletezza, secondo cui in qualsiasi sistema formale sufficientemente ricco e consistente, ci sono proposizioni vere che non possono essere provate all'interno dello stesso sistema.

In altre parole, l'impossibilità di trovare un insieme di assiomi in grado di provare tutte le verità matematiche in sistemi sufficientemente grandi. Questo risultato ha evidenziato la presenza di limiti intrinseci nei sistemi formali e ha influenzato profondamente la logica matematica e la filosofia.

Nel 1936 Alan Turing introdusse il concetto di una "macchina universale", detta macchina di Turing, che può simulare qualsiasi altro dispositivo di calcolo ed eseguire qualsiasi algoritmo. Questo modello è diventato lo standard per definire la calcolabilità e ha ispirato la creazione dei primi computer.

La sua ricerca includeva anche il famoso "problema di arresto". Questo problema dimostra che non esiste un algoritmo universale che possa determinare se la macchina di Turing si fermerà o continuerà a lavorare indefinitamente.

Alonzo Church, che lavorava in modo indipendente ma contemporaneamente a Turing, sviluppò il calcolo lambda, un altro modello fondamentale di computazione.

Church e Turing arrivarono alla conclusione che le loro definizioni di calcolabilità erano equivalenti, una nozione oggi conosciuta come la tesi di Church-Turing, secondo cui tutto ciò che può essere calcolato algoritmicamente può essere calcolato da una macchina di Turing. Questa tesi non è un teorema che può essere dimostrato, ma piuttosto un principio guida basato su un'ampia evidenza empirica e concettuale.

Questi fondamentali lavori sulla teoria della computabilità hanno avuto un impatto diretto sulla teoria della complessità computazionale, che si occupa di classificare i problemi computazionali in base alla quantità di risorse necessarie per risolverli, come tempo e memoria.

Nella teoria della complessità sono nate questioni come i problemi P vs NP che cercano distinguere tra problemi "facilmente"  risolvibili e quelli che sono soltanto "facilmente" verificabili una volta fornita una soluzione.

In sintesi, un problema appartenente alla classe P può essere risolto e verificato attraverso algoritmi che operano in tempo polinomiale. Invece, per un problema NP, è possibile verificare in tempo polinomiale la correttezza di una soluzione data, indipendentemente dal metodo con cui essa è stata ottenuta (ad esempio, casualmente). Tuttavia, non è garantito che la soluzione stessa possa essere trovata in tempo polinomiale per i problemi NP.

La fusione di queste idee non solo ha ampliato la nostra comprensione dei limiti teorici della computazione, ma ha anche spianato la strada alla creazione dei computer moderni e alla nascita dell'informatica come disciplina scientifica.

Oggi la riflessione sui limiti della computazione continua ad essere un tema centrale nella ricerca in informatica, influenzando sviluppi in campi come l'intelligenza artificiale, la crittografia e l'ottimizzazione degli algoritmi.

In futuro la ricerca continuerà a esplorare i confini della computabilità con nuovi modelli di calcolo come quelli basati sulla meccanica quantistica o sui sistemi biologici che potrebbero estendere o modificare la nostra comprensione attuale della calcolabilità. Inoltre, il crescente interesse per l'intelligenza artificiale e i sistemi autonomi solleverà nuove questioni sulla computabilità di funzioni cognitive e sulla decisione algoritmica in contesti non deterministici.

In conclusione, la teoria della computabilità è una pietra miliare dell'informatica, offre uno sguardo essenziale sui limiti e sulle potenzialità del calcolo algoritmico ma è ancora un campo di studio in continua evoluzione.

La differenza tra la teoria della computabilità e della complessità

Le teorie della computabilità e della complessità sono strettamente connesse tra loro.

  • La teoria della complessità computazionale si focalizza sulla classificazione dei problemi in termini di difficoltà, distinguendo tra problemi "facili" e "difficili" in base al tempo necessario per risolverli.
  • La teoria della computabilità classifica i problemi in base alla loro risolvibilità, determinando quali possano essere risolti da un algoritmo e quali no.

Molti concetti fondamentali della teoria della complessità derivano direttamente dalla teoria della computabilità.

Nonostante siano strettamente correlate, questi due campi di studio affrontano questioni in modo complementare, ognuna su aspetti diversi.

In particolar modo la teoria della complessità focalizza la sua attenzione sulla misurazione del "quanto difficile" è un problema da risolvere, in modo tale da scegliere la strada più efficiente.Inoltre, Ci fornisce una mappa dei territori informatici che possiamo esplorare con maggiore efficienza, e quelli che, nonostante gli sforzi, restano al di là della nostra portata pratica.

 
 

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Teoria della complessità